Vengono i brividi a pensare a quanti romanzi, a quanti saggi o a quanti lavori scientifici è stato negato anche il semplice venire alla luce. Di certo la storia è stata scritta anche da mani sconosciute, delle quali a volte non è rimasta la benché minima traccia. Ed è quanto mai eccitante seguire queste orme misteriose. In un prossimo futuro - e può suonare quasi come una beffa - il libro di Bartocci potrebbe essere conteso da bibliofili alla ricerca di testi originali e profetici, testi che non hanno segnato un'epoca al momento della loro silenziosa uscita, ma l'hanno fatto a posteriori, in quanto anticipatori di verità divenute tali solo in futuro, talvolta a distanza di molti anni. Per questo motivo lo conservo gelosamente. È una semplice brossura editoriale in ottavo, con la copertina nera su tutti i lati. Il volto di Einstein e il fungo atomico che campeggiano sul fronte sono due simboli molto chiari del concetto espresso dalla formula più famosa del mondo. Prima di quel libro Bartocci aveva tentato - inutilmente - di far accettare per la pubblicazione un lavoro a quattro mani, con Marco Mamone Capria sullo stesso argomento. La rivista scientifica alla quale aveva indirizzato il manoscritto lo rifiutò, in maniera cortese ma inappellabile. Tutte queste difficoltà derivano dalla responsabilità che si porta dietro il nome di Albert Einstein. Ancora troppo grande e fulgida è la sua stella per poterla offuscare senza esporsi brutalmente alle critiche dell' ortodossia scientifica. Einstein non può essere messo in discussione, non ancora, almeno. Forse un giorno nuove concezioni del mondo della fisica ridimensioneranno le sue teorie, ma al momento resta un pilastro inamovibile, poco meno che intoccabile. Per questo motivo nessuna rivista che vuole costituire una voce degna di nota nell'ambito accademico oserebbe ospitare un intervento decisamente "contro corrente" che non sia suffragato da prove certe e inconfutabili circa un dubbio - sia pur sfumato - sulla paternità della formula più famosa del mondo. È logico che il problema, al momento attuale, non può essere presentato che a livello di congettura. Non è ancora dimostrabile, se mai lo sarà, che Albert Einstein lesse il lavoro di Olinto De Pretto e che, soprattutto, ne trasse ispirazione. Forse l'unica strada praticabile è quella di concentrare le attenzioni sulla figura di Michele Besso, che era amico di Einstein e collegabile a De Pretto. Einstein conosceva l'italiano, tenne anche delle conferenze nella nostra lingua. La scienza sembra non volersi rendere conto che De Pretto, questo oscuro agronomo vicentino, forse ispirò il grande scienziato. Magari si tratta di elementi formali, non decisivi, dato che il concetto di etere non sembra essere applicato alla teoria della relatività, ma di sicuro la frase che compare nel lavoro di De Pretto del 1904 (un anno prima della pubblicazione di Einstein negli Annalen der Physik dei suoi due celebri lavori) è esplicativa al riguardo: "La materia di un corpo qualunque, contiene in se stessa una somma di energia rappresentata dall'intera massa del corpo, che si muovesse tutta unita ed in blocco nello spazio, colla medesima velocità delle singole particelle. [ ... ] La formula mv2 ci dà la forza viva e la formula mv 2/8338 ci dà, espressa in calorie, tale energia. Dato adunque m=l e v uguale a 300 milioni di metri, che sarebbe la velocità della luce, ammessa anche per l'etere, ciascuno potrà vedere che si ottiene una quantità di calorie rappresentata da 10794 seguito da 9 zeri e cioè oltre dieci milioni di milioni">>.
La precedente lunga citazione, tratta dal singolare libro di Simone Berni, A caccia di libri proibiti - Libri censurati, libri perseguitati - La storia scritta da mani invisibili (Ed. Simple, Macerata, 2005, pp. 69-71), ci è parsa la maniera migliore per illustrare l'unico testo che, fra i tre qui presentati, ha suscitato (e direi ingiustamente nei confronti degli altri due) molto clamore, sovente accompagnato come vedremo da "fraintendimenti", comunque istruttivi, da cui l'autore appena menzionato si tiene apprezzabilmente lontano.
Eppure lo studio in questione deve essere considerato soltanto una sorta di (relativamente) breve "introduzione" al saggio del De Pretto, ivi integralmente contenuto, e la sua pubblicazione originaria intesa solamente ... a fare un "dispetto": visto che alcuni ambienti accademici avevano voluto che del caso non si parlasse, chiesi all'amico Paolo Brunetti, delle Edizioni Andromeda di Bologna, di farmi il piacere di stampare questo libretto in un numero limitato di copie, che inviai poi a mie spese a tutte (o quasi) le biblioteche italiane di fisica e di matematica, di modo che rimanesse almeno una traccia scritta ("a futura memoria"), sia della ricerca effettuata, sia degli atti posti in essere per impedirne la diffusione.
Debbo sottolineare che ritengo assai curioso che una pubblicazione avente un'origine quale quella menzionata sia stata, delle tre qui presentate, la più conosciuta e controversa. Essa consiste sostanzialmente nella divulgazione di alcune informazioni poco note, e nell'illustrazione di una "congettura". Ancora recentemente si dice, in maniera peraltro conforme ai fatti, che il tutto è stato <<accolto con molto scetticismo dal mondo scientifico>> (vedi Gente, 27 luglio 2006, nella rassegna stampa in calce). Eppure, le notizie che vi vengono riportate sono assolutamente vere, e conducono inevitabilmente a formulare un'ipotesi la cui omissione sarebbe deprecabile, e che merita quindi quanto meno di essere discussa. Un outsider italiano scrisse un saggio speculativo sul possibile ruolo dell'etere nella fisica, all'interno del quale previde l'eventualità che una qualsiasi massa M contenesse, benché a riposo, una quantità di energia inimmaginabile, proporzionale all'espressione Mc2, celebre in tutto il mondo in seguito al successo della teoria della relatività di Einstein - ma specialmente dopo la frenetica attività che portò alla realizzazione della bomba atomica durante il secondo conflitto mondiale.
Così si espresse in proposito il protagonista della nostra ricostruzione, in modo tale da non lasciare adito a dubbi sulla singolarità della sua idea:
<<A quale risultato spaventoso ci ha mai condotto il nostro ragionamento? Nessuno vorrà facilmente ammettere che immagazzinata ed allo stato latente, in un chilogrammo di materia qualunque, completamente nascosta a tutte le nostre investigazioni, si celi una tale somma di energia, equivalente alla quantità che si può svolgere da milioni e milioni di chilogrammi di carbone; l'idea sarà senz'altro giudicata da pazzi>>.
Fin qui la semplice notizia. Viste alcune coincidenze di tempi, luoghi e personaggi, appare poi naturale e verosimile immaginare che l'ampio lavoro di De Pretto sia stato letto se non proprio da Einstein in persona, almeno da Michele Angelo Besso, intimo amico del fisico di Ulm negli anni della preparazione dei famosi articoli sulla relatività. Non è quindi proprio assurdo che la "pazzesca" conclusione del De Pretto possa avere in qualche maniera "ispirato", sia pure indirettamente, la proposta dell'equazione che oggi viene riconosciuta la più famosa di tutta quanta la storia della fisica.
Non mi dilungo oltre sull'articolazione di tale ipotesi per non guastare il piacere della lettura agli interessati, ma ritengo opportuno spendere qualche parola sugli accennati "equivoci", e controversie. Il più grave sorge dal tradurre ciò che è probabilmente avvenuto con frasi del tipo "La relatività anticipata da un oscuro industriale italiano", alle quali si replica: "stoltezza". E in effetti un'affermazione del genere meriterebbe sicuramente un simile sbrigativo commento, ma chi l'ha mai sostenuta? De Pretto non anticipò affatto la relatività - che anzi dal mio punto di vista sarebbe stato poco apprezzabile per questo! - ma si limitò a prevedere la possibilità di un fenomeno fisico che della relatività sembra essere una delle più note conseguenze (in un certo senso neanche poi del tutto, come presto accennerò). Evidentemente, la grande propaganda relativistica ha fatto sì che alcuni identifichino la famosa equazione con la relatività, senza conoscere quindi particolari di cui dalla lettura del libro si potrebbe uscire almeno con qualche consapevolezza. Tra detti particolari, la distinzione che bisogna saper porre tra l'espressione relativistica dell'energia nella teoria della relatività, cioè E = mc2, e un'analoga equazione E = Mc2, dove compare un coefficiente M ben diverso dall'm presente nella prima. La E = mc 2 si riduce invero alla E = Mc2 per un corpo con velocità zero, e che una siffatta quantità (o una ad essa proporzionale) possa corrispondere a una reale energia di riposo contenuta in ogni corpo - ciò che è in sostanza la questione importante all'atto pratico! - è esattamente l'ipotesi che De Pretto deduce dalle sue argomentazioni basate sull'etere, mentre viceversa è proprio all'interno dell'impostazione einsteiniana che tale previsione non sembra avere a nostro parere alcun fondamento fisico ragionevole (essendo l'energia definita soltanto a meno di una costante additiva, nel senso che quelle che contano sono le differenze di energia, ed E = mc2 oppure E = (m-M)c 2 sarebbero da un certo punto di vista la medesima cosa). In questa prospettiva ritengo tuttora che De Pretto debba essere correttamente riconosciuto innovatore, forse ispiratore, e anche ... profeta.
In altre parole, De Pretto non previde affatto il fenomeno in esame in un ambito relativistico, a cui era completamente estraneo, bensì all'interno di quella che oggi potremmo definire la teoria opposta alla relatività, ossia la teoria dell'etere, e proprio in ciò consiste a mio parere l'interesse storico del caso. Potrei aggiungere anzi non solo storico, dal momento che credo (finora invero tra assai pochi) che la teoria dell'etere fu ingiustamente sconfitta da una moda di pensiero "irrazionale" impostasi nella fisica del XX secolo, e che non è detto che il futuro sviluppo di tale scienza non muti radicalmente la situazione.
Tutto qui, e tutto scientificamente e storicamente "oggettivo", al punto che continuo a essere stupito dell'ostilità ricevuta da parte di un certo establishment, il che mi ha costretto a concludere che il sacro nome di Einstein non può ancora oggi essere toccato, e che ogni studio al riguardo deve sapersi muovere con atteggiamento rispettoso, addirittura apologetico, per poter essere preso in considerazione. Una circostanza questa a cui non sono estranee motivazioni extra-scientifiche che costituiscono la resistente ossatura dello "spirito" del nostro tempo presso i paesi usciti vincitori dall'ultimo grande conflitto mondiale, e presso quelli dei vinti successivamente asservitisi in modo esagerato e azzardato, arrivando perfino a ripudiare la loro stessa "storia nazionale", e a rinnegare le loro specifiche tradizioni... Ma si tratta di questioni evidentemente "delicate", che riporterebbero in qualche modo al terzo libro qui presentato, e che condurrebbero quindi verso lidi cui voglio (presentemente e costantemente) solo accennare, chi ha orecchi per intendere intenda...
UB, agosto 2006.
ALCUNI ESEMPI DELLE REAZIONI CHE SUSCITÒ NELLA STAMPA ITALIANA LA PRIMA VERSIONE DEL 1995
Il Giornale di Vicenza, 7 novembre 1999
Il Giornale, 9 novembre 1999
La Nazione - Il Resto del Carlino, 9 novembre 1999
( http://lanazione.quotidiano.net/chan/cultura_spettacoli:314208.1:/1999/11/09 )
( http://lanazione.quotidiano.net/chan/cultura_spettacoli:314208.1:/1999/11/09 )
Il Tempo, 9 novembre 1999
Panorama, 11 novembre 1999
Gente, 2 dicembre 1999
(Qui possiamo visionare un'immagine di Bianca Mirella Bonicelli, la cui preziosa collaborazione è stata un elemento fondamentale per la riuscita di questa ricerca.)
Perfino ... Grand Hotel, 10 dicembre 1999
La Stampa, Supplemento "Scienze", 25 febbraio 2000
Ma di questa vicenda si continua a parlare ancora oggi....
Il Giornale di Vicenza, 20 giugno 2006
( http://www.lucavalente.it/modules.php?name=News&file=article&sid=154 )
Gente, 27 luglio 2006
etc.
ALCUNI ESEMPI DELLE REAZIONI CHE SUSCITÒ NELLA STAMPA ESTERA LA PRIMA VERSIONE DEL 1995
Tutto iniziò, mi pare, con un'intervista di Rory Carroll, che apparve poi su The Guardian, 11 novembre 1999
( http://www.guardian.co.uk/international/story/0,,253524,00.html ).
Nell'immagine copia di una comunicazione ricevuta dal giornalista in parola.
Echi in Germania...
... in Olanda...
... in Polonia...
... negli Stati Uniti...
(FRA NOI - Chicagoland's Italian American Voice, settembre 2001)
( http://www.lucavalente.it/modules.php?name=News&file=article&sid=154 )
Gente, 27 luglio 2006
etc.
ALCUNI ESEMPI DELLE REAZIONI CHE SUSCITÒ NELLA STAMPA ESTERA LA PRIMA VERSIONE DEL 1995
Tutto iniziò, mi pare, con un'intervista di Rory Carroll, che apparve poi su The Guardian, 11 novembre 1999
( http://www.guardian.co.uk/international/story/0,,253524,00.html ).
Nell'immagine copia di una comunicazione ricevuta dal giornalista in parola.
Echi in Germania...
... in Olanda...
... in Polonia...
... negli Stati Uniti...
(FRA NOI - Chicagoland's Italian American Voice, settembre 2001)
fonte: cartesio-episteme.net
La vera storia della formula più famosa del mondo
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