La prossima sfida sarà la ricerca dei pianeti simili alla Terra nella cosiddetta area abitabile
Con un’aggiunta di ben 715 nuovi mondi, il telescopio della Nasa Kepler ha quasi raddoppiato il numero di pianeti conosciuti al di fuori del nostro sistema solare. La scoperta proviene dai dati immagazzinati da Kepler durante il suo funzionamento e che ora vengono analizzati dal team di ricercatori della collaborazione internazionale Kepler, sponsorizzata dalla Nasa
La presenza massiccia di pianeti intorno alle stelle è ormai un fatto assodato, se si pensa una su cinque delle stelle più vicine al nostro sole, ad una distanza i circa 10-12 anni luce, ha un sistema planetario confermato o presunto. Kepler ha chiaramente rivoluzionato un ambito dell’astronomia che fino a un paio di decenni fa era ancora fantascienza.
La prossima sfida che le agenzie Nasa e ESA si stanno preparando ad affrontare è la ricerca dei pianeti simili alla Terra nella cosiddetta area abitabile. E ben il 95 per cento dei nuovi pianeti rivelati dal team di Kepler questa settimana sono più piccoli di Nettuno, il che significa non più di quattro volte le dimensioni della Terra, una dimensione accettabile per un pianeta per essere considerato una ‘super-Terra’.
La scoperta della Nasa segna un aumento significativo del numero di pianeti di piccole dimensioni identificati finora lontano dal Sole.
Il prossimo strumento che la Nasa si sta preparando a lanciare nello spazio è Il Webb Space Telescope, un gioiello tecnologico che permetterà di dare una svolta nella ricerca dei pianeti abitabili. L’europea ESA, dal canto suo, oltre a collaborare nella realizzazione del Webb Telescope, proprio il mese scorso ha annunciato un importante avanzamento del suo progetto PLATO, finalizzato proprio alla ricerca dei pianeti extrasolari. Mentre il Webb Telescope dovrebbe andare nello spazio nel 2018, salvo rallentamenti, PLATO è previsto in orbita tra 10 anni, nel 2014.
Le nuove scoperte di Kepler sono state portate a termine da un gruppo di ricerca condotto da Jack Lissauer, scienziato planetario presso l’Ames Research Center della NASA, che ha analizzato stelle con più di un potenziale pianeta basandosi su osservazioni di Kepler che vanno dal maggio 2009 al marzo 2011.
Il gruppo di ricerca ha utilizzato una tecnica chiamata verifica dalla molteplicità, che si basa in parte sulla teoria della probabilità. Kepler ha osservato 150.000 stelle e ha trovato che alcune migliaia potevano avere pianeti candidati.
Per ottimizzare il processo di verifica, che chiaramente non poteva essere affrontato “manualmente” a causa dell’enorme mole di dati a disposizione e della complessità della verifica, i ricercatori hanno utilizzato un trucco: se i candidati fossero stati distribuiti a caso tra le stelle osservate da Kepler, solo una manciata avrebbe avuto più di un pianeta candidato. Ma i ricercatori si sono concentrati solo su stelle che hanno più pianeti candidati da altri team di ricerca. Attraverso un attento studio di questo campione, sono stati individuati i 715 nuovi pianeti.
Questo metodo può essere paragonato al comportamento tra leoni e leonesse. Immaginiamo nella savana i leoni – che identifichiamo con dei telescopi Kepler – e le leonesse – che nel nostro caso sono i pianeti candidati. Le leonesse sono osservate più facilmente raggruppate, mentre i leoni tendono a muoversi per conto proprio. Se osserviamo due sagome di leone, ci sono tre possibilità tutte simili in termini di probabilità (in base al comportamento dei leoni): potrebbero essere due leonesse o un leone e una leonessa. Ma se vediamo più di due grandi felini raggruppati assieme, allora è molto probabile che si tratti di un leone e del suo harem. Così, attraverso questo ragionamento, i ricercatori hanno cercato soltanto le le indicazioni di gruppi di “leoni”.
“Quattro anni fa, Kepler ha iniziato una serie di annunci all’inizio su centinaia, poi su migliaia di pianeti candidati – ma erano solo mondi candidati”, ha detto Lissauer. “Ora abbiamo sviluppato un processo per verificare più candidati pianeti che si ammassano attorno ad una stessa stella, e la tecnica ci ha permesso di svelare una vera e propria miniera d’oro di nuovi mondi.”
Questi sistemi multi-planetari sono terreno fertile per studiare i singoli pianeti e la configurazione dei sistemi planetari.
Quattro di questi nuovi pianeti sono meno di 2,5 volte le dimensioni della Terra e orbitano nella zona abitabile del loro sole, definito come l’intervallo di distanza da una stella dove la temperatura superficiale di un pianeta orbitante può essere idonea alla presenza di acqua allo stato liquido.
fonte: gaianews.it
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