Da un po' di tempo a questa parte, fortunatamente, si parla molto di musica a 432 Hz (Hertz). Spesso noto però una certa confusione e alcune imprecisioni circa questo argomento, perciò vedrò di chiarire e approfondire intanto alcuni aspetti, soprattutto tecnici, riguardo a questa definizione
Quando si parla di musica e di note e necessario considerare innanzitutto l'accordatura e i rapporti tra le frequenze delle diverse note e quindi delle scale. I valori assoluti di queste frequenze probabilmente non avrebbero molta importanza se si eseguissero soltanto brani suonati da un solo strumento o cantati da una sola voce. Ma, se si devono eseguire brani a più strumenti o a più voci, bisogna partire da un punto comune, cioè accordare tutti gli strumenti a una stessa nota di riferimento che abbia una ben determinata frequenza e anche a una stessa scala.
A questo scopo è stato scelto il LA (centrale) della terza ottava del pianoforte che nella scala naturale (diapason "naturale") corrisponde a 432 Hertz ma che è stato fissato convenzionalmente a una frequenza di 435 Hertz dalla Accademia delle Scienze di Parigi nel 1858 e confermato dalla Conferenza internazionale di Vienna.
Giuseppe Verdi nel 1884 scrisse una lettera indirizzata alla Commissione musicale del governo italiano in cui chiese di ufficializzare l'utilizzo del corista (diapason) a 432 Hz e scrivendo al riguardo la frase: "per esigenze matematiche", ottenne un decreto legge che normalizzava il diapason ad un LA di 432 oscillazioni al secondo. Verdi, Mozart e altri musicisti accordavano la loro orchestra a 432 Hz.
La stessa opinione di Verdi la espressero i fisici Sauver, Meerens, Savart e gli scienziati italiani Montanelli e Grassi Landi con un decreto che fu approvato all'unanimità al congresso dei musicisti del 1881 (diapason scientifico).
Nel 1939 il ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels impose il diapason a 440 Hz contro il referendum dei 25.000 musicisti in Francia contrari a questa scelta.
La corsa all'acuto iniziò al tempo delle bande militari russe e austriache ai tempi di Wagner (con un diapason da 440 Hz a 450 Hz), e fu frutto di un'analisi delle reazioni che il suono suscita in chi lo percepisce.
Tale misura, nel 1954 a Londra, venne fissata per praticità e sempre convenzionalmente, a 440 Hertz, valore adottato dall'American Standards Association nel 1936 e a tutt'oggi dalla maggior parte dei musicisti occidentali.
Le composizioni musicali sono costituite da una successione e da una sovrapposizione di note, cioè di suoni di determinate frequenze.
Già a Pitagora era noto che due suoni sono gradevoli all'orecchio quando il rapporto tra le loro frequenze (intervallo) è espresso mediante numeri piccoli (1:1 o 2:1 o 3:2, ecc.).
Più piccoli essi sono e migliore è l'accordo; più ci si allontana dai numeri piccoli e maggiore è la dissonanza.
I rapporti e gli intervalli tra le varie note sono stabiliti dalle scale. Esistono molti modi per definire una stessa scala. Ad esempio, le note della scala di DO si possono ricavare in diversi modi. Ne vedremo due fondamentali, la Scala Naturale e la Scala Temperata.
Scala Naturale o cromatica (Archita/Zarlino):
La scala naturale è costituita da sette note fondamentali: DO, RE MI, FA, SOL, LA, SI.
Se f è la frequenza (in hertz) della nota fondamentale DO, le altre note hanno le frequenze:
DO f; RE 9/8 f; MI 5/4 f; FA 4/3 f; SOL 3/2f ; LA 5/3 f; SI 15/8 f; DO2 2 f.
La nota DO2 (DO della seconda ottava), che ha frequenza doppia di DO (DO della prima ottava), inizia un'altra serie di sette note che hanno tra loro rapporti di frequenze uguali a quelli delle precedenti sette note. Ciascuna serie di 7 note si chiama ottava.
L'intervallo tra le stesse note di due ottave successive (intervallo di ottava) è uguale a 2.
La scala è arricchita di note, introducendo i diesis e i bemolle tra due note successive, eccettuato tra il MI e il FA e tra il SI e il DO dell'ottava superiore.
Si dice diesis di una nota, la nota (più alta) avente con la prima l'intervallo 25/24.
Si dice bemolle di una nota, quella nota (più bassa) che ha con la prima l'intervallo 24/25.
Nella scala naturale gli intervalli tra le note non sono tutti uguali. Alcuni strumenti musicali, come il violino, permettono di produrre tutte le note della scala naturale, non così gli strumenti a tastiera.
Partendo dal SI si ottengono le note salendo di quinta in quinta (una quinta corrisponde ad un intervallo di tre toni più un semitono) trovando FA#, DO#, etc. e poi partendo da FA e scendendo di quinta in quinta e trovando SIb, MIb etc. Realizzando le scale in questo modo succede che il DO# ed il REb, ad esempio, non coincidono.
Per semplificare le cose e per ovviare agli "inconvenienti" della scala naturale, alla fine del 1600, Andreas Werckmeister (seguito poi da J. Sebastian Bach che ne esplorò sistematicamente le potenzialità) introdusse la Scala Temperata (temperamento equabile):
Nella scala temperata gli intervalli tra due note successive sono sempre uguali. L'intervallo di ottava è diviso in 12 intervallini di un semitono ciascuno. L'ottava viene suddivisa in dodici semitoni uguali, per cui l'intervallo di un semitono è pari a:
(1,05946).
Tra le note DO-RE, RE-MI, FA-SOL, SOL-LA, LA-SI della scala temperata vi è l'intervallo di due semitoni; tra MI-FA e SI-DO vi è l'intervallo di un solo semitono.
Tra due note aventi l'intervallo di due semitoni è intercalata una nota intermedia che corrisponde ai diesis e bemolle della scala naturale.
Se f hertz è la frequenza di DO1, risulta:
DO1 f; DO# = REþ 1.05946^1 f; RE 1.05946^2 f; RE# = MIþ 1.05946^3 f; ...; DO2 1.05946^12 f.
Nella scala temperata tutti gli intervalli, e quindi le note, risultano alterati rispetto a quelli della scala naturale.
Ad esempio, se f è la frequenza di un DO, risulta:
RE naturale: 9/8 f = 1.125 f
RE temperato: 1.05946^2 f = 1.122 f.
Tabella delle altezze (in cent) dei gradi della scala maggiore secondo i vari metodi di intonazione. |
La tabella mostra anche che le approssimazioni introdotte con il temperamento equabile sono più modeste di quelle pitagoriche (l'intervallo di terza maggiore vale 400 cents invece dei 386 cents naturali) e tali da essere ormai ampiamente tollerate. Ciò spiega come mai al nostro orecchio intervalli di terza suonino consonanti anche quando suonati al pianoforte (che è intonato secondo il temperamento equabile).
Deviazione relativa dal temperamento equabile. Verde: temperamento pitagorico, rosso: temperamento naturale. |
Intervalli e musica
In musica si dice intervallo la distanza tra due note o suoni, cioè la differenza d'altezza tra due suoni, esprimibile in fisica acustica tramite il rapporto delle loro frequenze.
A causa della fisiologia di percezione del suono, l'intervallo musicale non è proporzionale alla differenza tra le frequenze dei suoni, ma alla differenza tra i loro logaritmi, cioè al rapporto tra le frequenze, una sorta di distanza numerica tra due suoni che si può verificare tra due suoni prodotti consecutivamente, e in tal caso si parlerà di intervallo melodico o diacronico o salto, oppure tra due suoni prodotti simultaneamente, e si dirà intervallo armonico o sincronico o bicordo.
Nella teoria musicale, gli intervalli si misurano contando le note da quella di partenza a quella di arrivo.
Se si hanno ad esempio un DO e un SOL, l'intervallo è una quinta perché si contano cinque note - DO, RE, MI, FA e SOL. L'intervallo tra il DO e sé stesso non si chiama "di prima", ma unisono.
Si possono poi avere intervalli anche oltre l'ottava: nona, decima, undicesima e tredicesima sono quelli che si trovano menzionati più spesso.
La classificazione degli intervalli musicali costituisce argomento fondamentale nello studio della musica e del suo linguaggio. Un intervallo viene detto armonico quando i suoni che lo formano sono contemporanei e melodico se i suoni che lo formano vengono considerati in successione.
L'intervallo armonico viene sempre considerato ascendente, cioè dal grave verso l'acuto (dal basso verso l'alto). Un intervallo armonico è caratterizzato anche da consonanza e dissonanza, fenomeni legati all'interferenza generata dai due suoni in questione.
Quello melodico invece, a seconda di come è scritto, può essere ascendente o discendente, a seconda che la prima nota sia più grave dell'altra o viceversa. In pratica se ne osserva l'evoluzione in senso temporale. Un intervallo melodico si distingue anche per la direzione, ascendente o discendente, a seconda che il secondo suono sia rispettivamente più acuto o più grave rispetto al primo.
Un intervallo è detto semplice quando sta nell'estensione di un'ottava; se invece ne oltrepassa i limiti si dice composto. Va però detto che alcuni trattati di teoria considerano semplice anche l'intervallo di nona.
L'intervallo più semplice da generare è probabilmente quello di ottava. Esso si ottiene ad esempio sollecitando una corda elastica per produrre la nota più grave, dimezzando quindi la lunghezza della corda e sollecitandola nuovamente per generare la nota più acuta.
Il più piccolo intervallo utilizzato nella musica occidentale è detto semitono. Per motivi storici nel nostro sistema musicale si è scelto convenzionalmente di suddividere l'ottava in 12 semitoni equalizzati, ossia per i quali si mantenga costante il rapporto tra le frequenze degli estremi.
Nella terminologia convenzionale occidentale gli intervalli vengono classificati mediante due parametri che chiameremo ampiezza e specie. Nonostante che tutti i trattati di Teoria e di Armonia concordino nel classificare gli intervalli mediante due parametri, è curioso che in letteratura non esista in proposito una terminologia universalmente accettata. All'occorrenza vengono adottati vocaboli quali denominazione, specie, forma.
Quindi la denominazione degli intervalli si compone di due parti distinte, come ad esempio: quinta giusta, settima eccedente e così via.
Si osservi che la classicazione risulterà del tutto indipendente dalla tonalità in cui l'intervallo si presenta, infatti la definizione univoca di un intervallo dipende esclusivamente dal nome delle note che lo compongono e dal loro stato di alterazione.
Nell'armonia classica o tonale, che poi è quella che viene anche usata per descrivere canzonette, jazz e blues, si suppone che ogni brano possegga una sua tonalità di base (generalmente è l'accordo che termina il ritornello) e tutti gli accordi del pezzo vengono considerati non in assoluto, ma relativamente a quella tonalità.
È vero che si può cambiare tonalità all'interno di una canzone: ad esempio, dopo un giro di DO (DO, LAm, REm, SOL7, DO) si può avere un LA7 e rifare la stessa melodia un tono sopra, ma in questo caso si comincia semplicemente a calcolare tutti gli accordi relativamente alla nuova tonalità.
Si è deciso poi di chiamare gli intervalli relativi alla tonalità di partenza in ben due modi diversi. Il primo è il grado, e non è molto diverso dall'intervallo in sé: la nota della tonalità stessa (il DO, se siamo in DO maggiore) è il primo grado, quella che forma un intervallo di seconda con essa (in questo caso il RE) è il secondo grado, e così via fino al settimo grado.
Ma è anche possibile chiamare le note "per nome". Il primo grado è la tonica, perché dà appunto la tonalità; il secondo grado è la sopratonica.
Passiamo poi alla modale, detta così perché definisce il modo (maggiore o minore) della tonalità, e che sta sul terzo grado. Il quinto grado è la dominante, perché nell'armonia classica è quello più importante subito dopo la tonica; quarto e sesto grado sono rispettivamente sottodominante e sopradominante, il settimo grado è la sensibile. La "settima di dominante", se siamo in tonalità di DO, sarà la nota che fa un intervallo di settima con il SOL, che è la dominante del DO; insomma, un FA.
L'intervallo è un elemento che conferisce contenuto "oggettivo" alla musica, infatti tutte le persone che sperimentano liberamente l'intervallo vivono lo stesso contenuto e la stessa magica energia.
Tutti gli elementi fondamentali della musica possono diventare terapeutici, soprattutto gli intervalli. Ogni melodia ha in sé il contenuto degli intervalli con la quale è formata. Contenuti che spesso agiscono inconsciamente sulla persona.
Una volta compresi, gli intervalli rivelano la musica come un ritmo respiratorio dell'essere che con un continuo movimento ci connette con il Cosmo.
Quando un intervallo risuona a livello fisico il pensare ne valuta l'altezza e il nostro essere più profondo ne sente la qualità.
L'esperienza dell'intervallo, a livello cosciente, è sempre completa ed equilibrata. Tale fenomeno fa parte del ritmo respiratorio animico-spirituale che sta alla base dell'intervallo. Come in ogni inspirazione vi è inclusa l'espirazione relativa e dipendente così pure negli intervalli i due movimenti sono connessi in modo che uno sia "positivo" e l'altro "negativo".
Un parallelo potrebbe essere quello dei colori in cui l'occhio, a livello fisiologico, percependo un colore risponde producendo il colore complementare e quindi polarmente opposto. Si genera così un costante equilibrio tra esterno e interno.
Attraverso una lunga evoluzione, l'essere umano ha forgiato i suoi strumenti, coadiuvato dagli elementi musicali, specialmente gli intervalli. Possiamo dire infatti che l'ottava degli intervalli è la "misura" dell'Uomo.
di Marco Amadeux Stefanelli, Ph.D.
fonte: amadeux.net
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