Avvertenza: le seguenti informazioni costituiscono un tentativo di sintesi tra visioni tradizionali e moderne. Si tratta di un approccio che non ha per nulla la pretesa di chiarire questo mistero nei dettagli perché questo è compito della scienza segreta dell’alchimia interiore. Presentiamo queste informazioni al semplice scopo di mostrare che la via gnostica operativa non ha niente a che vedere con le fantasie della New Age e le false evidenze dell’occultismo. Si tratta del mistero fondamentale della Religione universale, conoscenza ignorata dai «saggi di questo mondo»
La conoscenza della Merkaba proviene da cerchie mistiche che detenevano le chiavi d’interpretazione della «visione di Ezechiele», un libro profetico incorporato al canone biblico. Merkaba significa «carro» o «carrozza» in ebraico. La «visione del Carro» è la descrizione fantastica di un veicolo celeste dotato di un’apparecchiatura complessa. La traduzione della Bibbia non rende conto della natura straordinaria di questa apparizione in cui si è voluto vedere la descrizione di un UFO. La descrizione della Merkaba tenta di mostrare gli scambi energetici e i fenomeni elettromagnetici con l’ausilio di immagini sorprendenti: angeli, ruote circondate da occhi, fulmine, correnti di fuoco... Le cerchie di mistici che erano incentrati sull'interpretazione esoterica della visione del Carro hanno ereditato questa conoscenza dagli gnostici greci e persiani, che a loro volta l’avevano ereditata da una tradizione caldea, una tradizione arcaica sumera. L’importanza della conoscenza della Merkaba era così grande che vi si vede l'asse delle correnti gnostiche: è la quintessenza di ciò che occorre sapere per operare, in modo «corporeo», la reintegrazione in Dio. L'ammissione alle scuole iniziatiche incentrate sul «Carro celeste» era sottoposta a una rigorosa selezione e, secondo alcune tradizioni, lo studio della visione del Carro era proibita prima di aver compiuto i trent’anni, numero simbolico che esprime la maturità psichica. Secondo alcune leggende, degli apprendisti cabalisti avrebbero «preso fuoco» studiando la visione del Carro senza preparazione. La «meditazione sul Carro» è diventata una branca specifica della cabala. Ma le cerchie iniziatiche si sono rese occulte quando l’Ebraismo instaurò la sua teologia dogmatica, rifiutando le dottrine gnostiche originali. La conoscenza segreta si perpetuò all’interno dello gnosticismo cristiano che la ereditò dagli Esseni, i quali sembrano essere i depositari dei misteri di un’antica Gnosi ebraica la cui fonte si trova a Sumer. Si pensa che la visione del Carro di Ezechiele sia uno scritto esseno.
La fraternità degli Esseni si era distanziata dall’Ebraismo per costruire un «vascello spirituale» - una Merkaba collettiva - per effettuare il ritorno alla vita divina. Si parla di un’arca o una barca celeste che consente di spostarsi al di là dello spazio-tempo. Le scuole della Gnosi ebraica originale sono a noi sconosciute, ma ritroviamo i loro misteri attraverso le ramificazioni dell’ermetismo occidentale.
Attualmente vi è un rinnovato interesse per la Merkaba, ma come per tutte le nozioni esoteriche, assistiamo a un recupero delle stesse da parte della New Age decadente. Al pubblico vengono fornite tecniche di meditazione che dovrebbero permettere, così si crede, di costruire una Merkabah individuale ma si tratta di pura speculazione. I manipolatori della New Age diffondono questi metodi di contro-iniziazione per impedire l’emergere della verità. La Merkabah non ha bisogno di essere costruita poiché esiste fin dall’eternità. È la cosa più reale al mondo perché sottende la nostra vita fisica, organica, psichica e spirituale: è il corpo dell’anima. Che cos’è questa Merkaba alla quale gli iniziati accordavano un valore così sacro? Gli antichi mistici cercavano un contatto con gli extraterrestri? Certamente no, poiché la conoscenza della Merkabah si prefigge di ridarci l’uso del nostro vascello cosmico individuale. La Merkaba è un veicolo spirituale. Tenteremo di dimostrarlo nonostante le nostre capacità limitate e la complessità dell’argomento.
Ritorno al mito gnostico?
Dalla catastrofe della «caduta dell’uomo», l’uomo originale è caduto nella morte e nell’incoscienza. Le ragioni di questo incidente sono varie. L'idea che si avvicina maggiormente a una teoria scientifica è quella secondo cui una deflagrazione avrebbe danneggiato l’uomo-dio. Si è parlato di un uso deviato delle energie divine il cui flusso invertito mediante un’appropriazione egocentrica si sarebbe ritorto contro l’uomo. Si dice anche che un’irruzione di forze superiori dal potenziale troppo potente per l’onda di vita umana avrebbe fatto esplodere i corpi spirituali, non già per volontà di nuocere, ma nell’intento di accelerare i processi d’evoluzione. Gli «spiriti luciferini» provenienti da un’altra dimensione dell’universo sarebbero i responsabili di questa catastrofe. Pare abbiano voluto «liberare» l'uomo comunicandogli prematuramente il fuoco dell’intelligenza. Nel mito cristiano, questa crisi è chiamata «ribellione di Lucifero». Lucifero è il portatore della luce, dell’intelligenza e dell’astuzia. L’evoluzione divina alla quale siamo stati strappati non è l’evoluzione terrestre in cui siamo immersi da milioni di anni a causa della «caduta dell’uomo». L'evoluzione è interpretata come un ciclo di discesa e di risalita attraverso il campo terrestre. Dal punto di vista della tradizione della Gnosi, la nostra evoluzione naturale non è altro che il risultato di una rottura con l’evoluzione divina, la quale non cade mai nell’involuzione. La nostra incarnazione in un «mondo straniero» non ha nessun altro senso se non quello di permettere il risveglio di una coscienza ragionevole e morale che deve comprendere la precarietà della sua situazione terrestre per riprendere il cammino del cielo. Questo è un riassunto delle dottrine gnostiche che non si doveva svelare, pena di essere scomunicati dalle ortodossie. Questo mistero della «caduta dell’uomo» sfugge alla maggior parte degli esseri umani poiché le gerarchie retrogradi si sono accaparrate il controllo dell’evoluzione. Hanno instaurato dogmi per dimostrare che il nostro mondo sarebbe una creazione divina e, pertanto, non bisogna cercare di uscirne, ovvero di sfuggire loro. È questa l’origine del terrore dogmatico: «Non cercate il mistero della vita! Nessuno deve uscire da qui!» Le basse gerarchie terrestri si sono quindi adoperate per mantenerci nell’oblio e nell’ignoranza. Ci hanno innestato false credenze sulla vita e la morte. Ci mentono sulla nostra origine. La gerarchia luciferina ha imposto il dogma dell’evoluzione dell’anima, mentre in realtà l’evoluzione non è altro che un’immobilizzazione, una paralisi dell’anima in attesa della riparazione dell’incidente che ha «bloccato» la nostra Merkabah nella zona densa di quaggiù. Questo argomento ha reso perplessi i filosofi e i mistici perché è difficile immaginare una vita anteriore all’attuale esistenza. La nostra evoluzione attuale non si inserisce in un processo regolare. Inoltre abbiamo perduto la memoria del nostro stato anteriore: siamo dei deportati colpiti da amnesia. Il ricordo della nostra vera natura spirituale è svanito. Disponendo soltanto delle informazioni fornite da visionari miopi, che non conoscono nemmeno i sette strati del nostro continuum, nessuno ci ha rivelato che cosa c’è al di là. Le descrizioni delle dimensioni superiori tengono conto soltanto degli aspetti sottili: eterico, astrale, mentale, causale. Ma le sei dimensioni superiori rimangono un mistero assoluto. È il maggior divieto e il motivo dell’ignoranza che regna quaggiù, la quale genera sofferenza. La conoscenza della Merkaba è indispensabile se vogliamo riprendere coscienza della nostra identità originale. Ma questa conoscenza non faceva parte degli insegnamenti spirituali di questi ultimi secoli, sia per prudenza sia per non attirare l’attenzione delle basse gerarchie che avrebbero recuperato questa informazione per soffocarla.
È soltanto per allusioni che alcuni iniziati hanno parlato del «carro celeste», il vascello individuale che permette all’anima umana di navigare attraverso le dimensioni cosmiche. Alcuni l’hanno confuso con il corpo astrale e altre mistificazioni e illusioni, oltretutto aggravate dalle dottrine superficiali della New Age. La Merkaba è tutt’altra cosa che non il «corpo causale» dei chiaroveggenti teosofi: questo è soltanto un aspetto della personalità in evoluzione. Ora inizia ad intravedersi qualche schiarita poiché la coscienza si sta aprendo a informazioni dell’«intrauniverso».
Un approccio del mistero della Merkaba può stimolare un nuovo desiderio di immettersi sul cammino dello Spirito.
Un nuovo linguaggio religioso s’impone, un linguaggio che permetta di costruire una vera scienza spirituale. Chiaroveggenti come Steiner hanno operato in questo senso, ma non sono molti coloro che comprendono che la verità di ieri sarà l’ostacolo di domani. La ricerca spirituale ha bisogno di una scienza dello spirito che non sia la serva delle potenze retrograde con il loro dogma dell’evoluzionismo, il maggior freno all’emancipazione spirituale.
La Merkaba, un riassunto dell’universo
La Merkabah è un microcosmo in cui si riflette il cosmo. L’etimologia del codice ebraico MRKBH rivela che si tratta di un veicolo multidimensionale integrato. Questo nome contiene l’idea di diverse sfere magnetiche embricate in una vasta struttura sferica.
Il Rosacroce Jan Van Rijkenborgh – uno dei rari iniziati dalla chiaroveggenza superiore – ritiene che essa abbia un raggio di quindici metri. Questa sfera divina non è un prodotto dell’evoluzione, quindi è eterna. La si può paragonare a un vascello intergalattico costituito da campi elettromagnetici. Il suo scafo è come un «cristallo» indistruttibile. La visione di Ezechiele descrive una «fiammante calotta» e l’ermetismo parla di un «mare di cristallo» o di una «finestra di vetro». Ma questo favoloso vascello non funziona più: è abbandonato nel deposito delle anime morte insieme a miliardi di altri che si trovano nello stesso cattivo stato, ma la cui origine divina li rende indistruttibili. Non vi è più un conducente degno di dirigere il carro celeste.
Ognuno di noi vive e muore al centro del suo vascello individuale senza poterlo rimettere in marcia. Vita dopo vita, la nostra esistenza naturale è un semplice tentativo di innescare una rimessa in moto della Merkabah. Eppure dipende soltanto dal nostro desiderio e dal nostro libero arbitrio.
Gli dèi dei miti antichi disponevano di un vascello celeste, come mostrano le leggende indù in cui Krishna si lancia all’assalto dei demoni a bordo del suo vascello bardato di armi elettromagnetiche. Possiamo interpretare in questo senso l’allegoria del carro di Arjuna nella Bagavad Gita, dato che gli scritti sacri presentano diversi livelli. Grandi messaggeri sono venuti a tenderci la mano per risvegliarci e reintrodurci nella nostra dignità originale, ma occorrono tempi infiniti affinché il richiamo della saggezza ci emozioni al punto da farci prendere la decisione di rimettere in marcia la Merkaba. Possiamo spiccare il volo e ritornare liberi come uccelli nel cielo: non dobbiamo fare altro che spiegare le ali. Dobbiamo capire questo volo mistico come un processo reale. È ciò che distingue gli gnostici dai teologi che con il loro intelletto sconnesso hanno blaterato su misteri virtuali. C’è una domanda che mi ha sempre torturato: perché non ci sono state fornite le istruzioni per l’uso per rilanciare il nostro vascello nello spazio interdimensionale?
Un tale programma sembra tuttavia essere stato trasmesso attraverso le scuole iniziatiche dell’antichità. Chi l’ha nascosto? Perché è così misterioso? La risposta è che occorre molto tempo per comprendere che la nostra insoddisfazione fondamentale non può essere colmata con un’imitazione di felicità. Il mondo ci presenta continuamente nuove illusioni di realizzazione sul piano fisico o spirituale. Ma nessuno può far scattare per noi questa presa di coscienza: non possediamo più i nostri poteri divini e dobbiamo agire in questa vita per ritrovarli. Occorre rimettere il sistema in stato di funzionamento. Se siamo alla ricerca della saggezza e dell'amore è perché abbiamo percepito un richiamo proveniente dal profondo del nostro essere.
Questa presa di coscienza non è confortevole perché non si concilia con l’esistenza ordinaria. Non sembra avere un’applicazione concreta. Ci sentiamo perfino esclusi dalla vita normale. Per questo motivo, coloro che si preoccupano per la loro salvezza adottano un atteggiamento religioso fervente o si impegnano su un cammino di trasformazione. Questo va bene se siamo consapevoli che l’estasi, l’acquisizione di poteri o l’espansione della coscienza non consentono di ritrovare lo stato di uomo-dio: se vogliamo intraprendere un viaggio celeste dobbiamo disporre di un veicolo celeste. Questa consapevolezza sopraggiunge dopo numerose incarnazioni, ma può anche nascere perché qualcuno ci ha parlato in un momento di grazia. Quando è giunto il momento, è sufficiente che qualcuno ci dica: «Hai errato abbastanza per le vie del mondo. È ora di partire verso i grandi spazi». Se questo appello – poco importa da dove provenga – ci tocca il cuore, significa che siamo pronti a fare il gran salto.
Non dobbiamo più fare altro che imparare a pilotare il nostro modulo interdimensionale. Non è un gioco da ragazzi, ma che cosa c’è di impossibile quando siamo convinti che non c’è altra via d’uscita? Per coloro a cui questo appello del gran largo non vibra, non c’è problema poiché la Merkaba – il loro vascello d'immortalità – li attenderà nel box per tutto il tempo necessario. C'è soltanto un problema di manutenzione: nel corso dei secoli il vascello, che è una struttura magnetica vivente, prova come una sorta di agonia. Soltanto noi possiamo ridonargli la vita poiché nell’universo nessun dio può decidere per un altro. La grazia è un aiuto, ma non costringe. Anche se decaduto, un dio è libero di operare le sue scelte. Bisogna aspettarne il risveglio. Ogni volta che l’occupante inconsapevole della Merkaba, addormentato nei sogni dell’illusione dell'incarnazione, vive e muore, questo è registrato sui «floppy» come una nuova occasione mancata, un altro giro di ruota. Immaginiamo la nostra vita attuale come l’azionamento di un motorino: veniamo al mondo per cercare di avviare il nostro vascello d’immortalità ma qualcosa ce lo impedisce. Occorre che la «candela» sia accesa nel modo corretto. Ogni nuova personalità che giunge in incarnazione fa vibrare leggermente il sistema, ma non accade niente e la morte giunge un’altra volta, finché un nuovo ego si manifesta nella Merkaba per tentare a sua volta di riavviare il sistema. Questo dura ormai da milioni di anni e non si tratta di un’evoluzione progressiva.
L’uomo incarnato è come una possibilità di illuminazione depositata nel cuore di una città magica addormentata. Se solo riuscisse a far scattare la scintilla e accendere il contatto, il palazzo si illuminerebbe con tutti i suoi fuochi e si solleverebbe nello spazio verso le dimensioni superiori dell’universo. Il corpo di gloria si eleverebbe nell’etere per raggiungere gli dèi. La condizione per riuscire in questo intento è la fede. Possiamo immaginarci un destino più fantastico di quello di ritrovare l'immortalità?
La fede consiste nella certezza che il creatore ha voluto il meglio per la sua creatura e che il «figliol prodigo» ha diritto alla sua eredità celeste. Naturalmente l’immortalità non concerne il nostro ego incarnato, che è un prodotto deperibile. C’è però un prezzo spirituale da pagare, quello della cancellazione della nostra personalità mortale che deve tramutarsi in un nuovo essere, liberato dal karma e dalle limitazioni dello spazio-tempo. Ciò richiede alcuni accorgimenti, come quello di non utilizzare i poteri della Merkaba a fini egocentrici, poiché fu proprio questa l’origine dell’incidente che l’ha allontanata dalla luce dell’amore.
Il metodo per rimettere in funzione il sistema della Merkabah – il corpo di gloria – consiste nell’alleggerirsi da tutto ciò che è pesante. Si parla di mollare la presa, una buona espressione se si comprende che bisogna rifiutare tutto ciò che può appesantire la Merkaba che è sprovvista di «massa». Noi abbiamo la tendenza ad accumulare esperienze e a caricare la nostra coscienza fino al giorno in cui non ne possiamo più e a quel punto diciamo: «Basta!» Questa presa di coscienza avviene dopo lunghi sforzi. Essa emette un segnale magnetico verso il «vascello-madre della Fraternità delle anime liberate», il quale ci risponde mediante un influsso che dà impulso a un movimento profondo nel nostro essere. Liberandoci da tutto ciò che abbiamo accumulato nella navicella dell’ego, appare una stupenda leggerezza. Il nostro vascello si illumina ogni volta che ci liberiamo dei nostri fardelli: si opera una trasmutazione e le batterie dell’anima si ricaricano. Questo lavoro di consacrazione può essere realizzato in qualsiasi condizione sociale o familiare, non appena ci siamo liberati dai conflitti e dalle resistenze egocentriche. Attraversare queste fasi iniziatiche richiede energia e volontà, ma questo lavoro è ricompensato dall’esperienza che il nostro vascello d’immortalità va via via sollevandosi. La grazia si fa sentire nella nostra vita. Fintanto che l’essere umano è incentrato sul bisogno di realizzarsi socialmente, non può prendersi cura della propria anima perché ha troppi desideri contraddittori da soddisfare e si sente diviso. È necessario che l’aspirazione a lanciarsi sul «cammino delle stelle» vibri. Occorre un desiderio assoluto di perfezione. A lungo i ricercatori di verità – filosofi o mistici – si sono chiesti in che modo le anime si spostano attraverso le dimensioni celesti. Questa conoscenza era oscura e avevamo soltanto idee confuse a base di «dematerializzazione», di «viaggio astrale» o di «teletrasporto». Ma l'ingegnere divino ha previsto tutto per i suoi figli ai quali ha dato un corpo di gloria, un vascello adatto alla sua anima individuale.
Abbiamo capito che questa conoscenza non ha nulla in comune con l’acquisizione di poteri occulti e la pseudo magia bianca. La realizzazione della nostra Merkabah individuale non richiede che sviluppiamo un’espansione della coscienza, che finirebbe con lo sgretolarsi sul limite dello spazio-tempo. Non c’è bisogno di introspezione o di analisi che paralizza il desiderio di assoluto aggravando ulteriormente la preoccupazione di se stessi.
Come riavviare il vascello?
Prima di trattare il processo di avviamento della Merkaba, tentiamo di chiarire il concetto di «Gerarchia spirituale».
Un essere «liberato», così come lo presentano le tradizioni spirituali, non è uno spirito disincarnato ma un’anima viva in possesso del proprio veicolo d’immortalità. Alcune logge occultiste hanno diffuso insegnamenti falsi in cui presentano il «corpo di gloria» come il risultato di uno sviluppo occulto, il che è stato interpretato come un risveglio della kundalini inferiore. Questa via è contraria allo scopo. La rimessa in funzione della Merkaba non ha nulla di paragonabile per il semplice motivo che questo veicolo d’immortalità non dipende dalle nostre capacità naturali. Questo è spesso difficile da capire per le persone che si sono rivolte all’occulto. I maestri della via ripida sono categorici: «Lo sviluppo dei poteri psichici non ha alcun senso dal punto di vista della liberazione». Pensiamo in particolare a Krishnamurti che ha vissuto tutta la sua vita con «una grossa cilindrata al di sopra della sua testa», e che sconsigliava qualsiasi forma di pratica magica o occulta. Come altri istruttori, Krishnamurti parlava della Merkaba – poco importa il nome che le si attribuisce – ed è per questo che il suo messaggio nega qualsiasi intervento dell’ego nel processo di risveglio. L’ego deve scomparire, il che ci evita di dover lottare per conseguire un risultato. Perché chiedere l'impossibile a un organismo naturale che esiste soltanto per assicurare la sopravvivenza biologica? Una nuova coscienza deve nascere in noi mediante un processo di trasmutazione e non con un’espansione dell’io. Gli antichi Taoisti dicevano: «Il saggio è come il bambino in seno alla madre». Il Vangelo recita: «Lasciate venire a me i bambini», il che non significa dover regredire, ma che occorre mollare la presa.
Coloro che non sono in grado di capire queste sfumature imboccano ciecamente le vie di sperimentazione esoteriche o mistiche finché urtano contro il limite invalicabile. Può passare molto tempo finché non ci diciamo: «Ne ho abbastanza! Ora voglio la verità vera!» La conoscenza della Merkaba, il vascello d’immortalità che ci circonda misteriosamente, richiede soltanto che ci ricordiamo della sua esistenza. Questo ricordo non può essere comandato e non vi è nulla che possa scatenarlo, il che rende scoraggianti gli insegnamenti della «via diretta» per coloro che non hanno la vera fede. La fede è un’intuizione, uno stato di realizzazione concreta. La fede non ha nulla a che vedere con le credenze, le dottrine e i dogmi.
La vera fede non si esprime in modo spettacolare o nevrotico. Può addirittura apparire come una mancanza di fede perché non dipende da alcun ideale esistente. È una certezza che scorre nel sangue. Si rafforza addirittura nel dubbio, poiché chi dispone della fede vera può dubitare senza rischiare di perdere l’essenziale. La fede è il potere più forte: soltanto essa è in grado di decidere di riportare la Merkaba sulla pista di decollo. Grazie alla fede, i «liberati» hanno staccato gli ormeggi che trattenevano il loro corpo d’immortalità sul piano della densità, e sono partiti verso un viaggio eterno. Coloro che sono definite «anime liberate» formano delle flotte di vascelli spirituali che navigano verso le dimensioni superiori dell’universo. Sapere che i grandi esseri spirituali sono vascelli di luce ci libera dalle fantasmagorie dell’astralismo, dai canalizzatori e dai loro ectoplasmi dell’occulto. Questi vascelli non possono essere contattati facilmente. È necessario avere i codici, gli accordi e un ordine di missione. Una fraternità di Merkaba costituisce una formazione che può essere paragonabile a un vascello-madre. Un simile gruppo energetico forma una confraternita come tutte quelle del passato che hanno lasciato la base terrestre per dirigersi verso il centro degli universi: esseni, manichei, catari, ermetici d’Oriente e d’Occidente, sangha buddisti, Taoisti ecc. Tutte le civiltà hanno generato ondate di liberati che hanno saputo rimettere in funzione la loro flotta di vascelli spirituali dopo aver ricevuto l’autorizzazione dal vascello-madre che sovrintende le manovre durante il loro ritorno verso il centro dei mondi. È l’evoluzione eterna. Possiamo rappresentarci queste fraternità come gli anelli di una lunga catena di anime integrate alla Gerarchia cosmica. Sono come sistemi planetari autonomi. «Vi sono molte dimore nella casa di mio padre». Vi sono molti vascelli che solcano l’etere universale.
I tecnici dello Spirito
Fintanto che resteranno anime imprigionate nell’illusione del mondo, la Grande Fraternità si terrà al limite del nostro campo d’esistenza stimolando le vocazioni alla grande partenza. Questo processo è scientifico ed è per questo che nulla avviene per caso nell’universo interdimensionale. Tutto è digitalizzato nel Libro della Vita in cui figura il «nome nuovo» del nostro essere spirituale vero. La Grande Fraternità delle anime liberate invia regolarmente sul nostro pianeta dei lavoratori spirituali in grado di riparare i nostri circuiti per il trasferimento verso il mondo divino. Ogni istruttore che ha ricevuto un mandato dalla Fraternità ricrea un metodo di liberazione. Non che ve ne siano diversi ma devono potersi adeguare al livello di coloro che egli contatta. Ogni istruttore spirituale che ha formato dei discepoli è incaricato di trattare un certo aspetto del loro «vascello». Per questo motivo in questa fase preparatoria è spesso preferibile che questi istruttori, talvolta dogmatici, ignorino addirittura l’esistenza della Merkaba, altrimenti non potrebbero applicare le loro dottrine frammentarie. Da qui l’utilità di tutte le sette: poco importa se ognuna si crede detentrice della verità esclusiva.
I maestri spirituali che lavorano direttamente sul microcosmo umano hanno stipulato un contratto con la Fraternità delle anime liberate, e non possono permettersi di commettere errori. Vi sono dunque diversi tipi di istruttori spirituali, e nessuno può considerare l’uno superiore all’altro, perché nell’economia planetaria alcuni sono eroi incaricati di missioni ingrate che il pubblico disprezza. Le persone sono condizionate dalle immagini d'Epinal della santità, ma la liberazione va oltre i pregiudizi e le bigottaggini. Dietro agli insegnamenti che presentano principi identici si dissimulano operazioni più segrete: le riparazioni della Merkaba da parte degli ingegneri celesti.
I tecnici dello Spirito devono spesso dissimulare lo scopo del loro intervento dietro un messaggio di saggezza «conforme». Lavorano nella clandestinità sulla Merkaba, ripaarandone i circuiti su diversi livelli energetici. Come nella medicina - per quanto questa metafora possa dare un’idea della diversità degli istruttori venuti a riparare gli organi danneggiati della nostra divina Merkaba - colui che tratta gli occhi non si occupa di riparare il cuore.
Non conoscendo il motivo di questo lavoro intrapreso nello stesso istante in cui l’umanità si è staccata dalla fonte originale, l'uomo terrestre non ci capisce nulla. I suoi guardiani planetari lo tengono occupato con delle religioni che gli permettono di evolvere fino al punto in cui sarà in grado di riprendere coscienza del suo destino divino. «Dio non abbandona l’opera delle sue mani». Per questo motivo i vascelli-madre vegliano costantemente nel sistema solare. I segnali che emettono ci raggiungono in modo impersonale. Non costringono niente, contrariamente alle basse gerarchie planetarie che diffondono messaggi telepatici per influenzare il nostro modo di vita e il nostro pensiero. Per esempio l’importanza politica della «grande loggia bianca del Tibet» è capitale per la globalizzazione. La sua sollecitudine è interessata: si tratta di una propaganda intesa a incatenarci nel piano terrestre con l’ideale di un «mondo migliore». Al contrario, per la fraternità spirituale regolare, ogni anima è oggetto di grande attenzione nell'assoluto rispetto del suo libero arbitrio. Ci conoscono molto meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi. Non dobbiamo tuttavia confondere i vascelli di luce con le macchine extraterrestri provenienti da altri sistemi per motivi «economici». C’è molta gente nell’atmosfera, per i più svariati motivi. Gli ierofanti incaricati di controllare la nostra reintegrazione ci assistono da un immenso vascello-pianeta in cui sono codificati i nostri circuiti individuali fin dall’inizio del nostro viaggio nello spazio-tempo.
In funzione dei cicli cosmici e delle variazioni degli influssi elettromagnetici universali, emettono segnali intesi a stimolare positivamente le nostre capacità di risveglio. Contrariamente a quanto avviene nell’occultismo, gli ierofanti non si manifestano personalmente: ciò costituirebbe un’ingerenza nella nostra vita sapendo che gli uomini hanno sempre tendenza a deificare ciò che proviene dal cielo. Occorre dunque rifiutare l’iconografia dei «maestri ascesi» e dei «maestri della grande loggia bianca» che usurpano il nome di Gesù o degli arcangeli della tradizione. Un vero maestro spirituale non tollera che si adori una sua immagine, anche se nessuno ci vieta di manifestare tenerezza e rispetto. I luciferini caricaturizzano gli «avatar» di cui hanno fatto degli idoli che hanno reso popolari. Un maestro spirituale viene sulla Terra per riunire un gruppo di anime che hanno un’affinità karmika - formando una famiglia di spirito – ma non dichiarerà mai di essere il «salvatore del mondo». La saggezza insegna: «Cristo può nascere mille volte sulla Terra, ma se non è nato in te è nato invano». Tutte le ricerche sulle prove storiche dell’esistenza dei grandi iniziati del passato sono vane dal punto di vista della verità interiore. Gli scritti sacri parlano un linguaggio che si rivolge all’anima. Lo gnostico è entrato nel mondo interiore in cui la storia esteriore non ha alcun senso. La Merkaba, il santuario dell’anima, è inviolabile e il rumore del mondo non la tocca. Dal punto di vista della Gnosi, il Tempio dello Spirito è il nostro vascello, la nostra dimora spirituale.
Il decollo della Merkaba
Come costruire il Corpo di Gloria? È una domanda che ci pongono spesso e dobbiamo tentare di darvi una risposta nonostante il rischio di creare malintesi. Ecco alcuni elementi teorici per permettere ai ricercatori di verità di orientarsi, senza imporre loro un sistema.
La Tradizione insegna che il centro della Merkaba coincide con il cuore organico, e in particolare con un punto del ventricolo destro chiamato «atomo primordiale». Questo «germe del corpo di gloria» non va confuso con il chakra del cuore, che alcune scuole stimolano mediante la meditazione. L'atomo-germe è indipendente dall’organismo ma può agire sul sistema ghiandolare. È il santuario del «codice genetico» del prototipo umano eterno. Questo «codice divino» non può essere forzato da una cultura mistico-esoterica. È inviolabile e nessuna scienza può manipolarlo. È il deposito sacro. Se immaginiamo la Merkaba come una sfera di 30 metri di diametro, il suo centro matematico coincide con il cuore fisico. Il Vangelo ha raffigurato la «nascita di Gesù nella grotta di Betlemme» per esprimere la presenza di un germe divino nell’uomo. Betlemme è la «Casa del pane di Vita», il che significa che l’atomo originale è il focolaio del divino. Quando l’atomo-germe è stimolato dallo Spirito, inizia il processo di rigenerazione dell’alchimia interiore. Un nuovo essere sta per nascere. Dapprima l’atomo produce segnali che irradiano verso lo sterno irradiandolo. Poi la ghiandola del timo è stimolata a riprodurre gli ormoni della crescita. Questo processo organico di rinascita permette di alimentare di nuovo i circuiti sottili della Merkaba i cui fuochi vanno via via accendendosi come stelle interiori. Il corpo di gloria emerge nel suo misterioso splendore, ma non può essere percepito dai chiaroveggenti. Nella persona, questa rinascita si opera nel silenzio della notte dell’anima e, si potrebbe dire, all’insaputa del «vecchio uomo»: quando il microcosmo-merkaba sarà rigenerato, si ritroverà ai comandi una nuova personalità. A quel punto il supporto psico-organico – voi ed io – che è servito da nutrice può cedere il posto attraverso il processo della morte naturale – semplice formalità in questo caso, perché la morte è stata vinta.
Autore: Joël Labruyère
Messo in linea il: 06.01.11 | Estratto da Kali Yuga, Lumi sulla civiltà dell'Era Nera
fonte: crom.be
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