Ne è evidentemente sempre più convinto anche un altro pezzo da novanta dell’astronomia, il fisico Paul Davies, uno dei principali sostenitori del SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence), ora direttore del Beyond Center dell’Università dell’Arizona, con sede a Temple, e famoso divulgatore scientifico. Davies però non si accontenta di semplici microbi marziani: sta infatti cercando le prove, oggettive, dell’esistenza di civiltà evolute che in tempi remoti potrebbero aver già esplorato il nostro sistema solare.
Il fisico Paul Davies |
L’idea che Davies cerca di promuovere ormai da qualche anno è questa: ci vuole uno sforzo collettivo, con quanti più volontari possibili, per passare al setaccio tutte le immagini scattate al nostro satellite delle sonde inviate nel corso degli ultimi decenni, a partire da quelle contenute nel catalogo del Lunar Reconnaissance Orbiter. Un’analisi capillare, un lavoro certosino che da soli gli scienziati non potrebbero mai realizzare: ma se a controllare il materiale, foto dopo foto, fossero migliaia di astrofili sparsi per il globo, si potrebbe forse scoprire un’ anomalia interessante, un elemento artificiale, una traccia non umana.
Una proposta che a quanto pare il fisico londinese vuole ripresentare nel corso del meeting organizzato il prossimo settembre dal SETI Research Network britannico, davanti a decine di suoi pari grado. Un atto di coraggio, da parte sua: finora una simile eventualità non è mai stata presa in considerazione dalla maggioranza della comunità scientifica. E sarà come una caccia al tesoro: i pazienti ricercatori casalinghi dovrebbero passare al setaccio la quantità infinita di scatti con i quali la sonda della Nasa, a partire dal 2009, ha immortalato circa 10 mila siti lunari, mappando il 90 per cento del nostro satellite, con una risoluzione molto elevata.
gli alieni hanno già esplorato la nostra luna? |
“Ogni ricerca necessita di un programma per computer adatto allo scopo, ma quando si va alla caccia di artefatti, si guardano tutte le stranezze. E questo comporta una decisione umana, in merito a ciò che può essere artificiale. L’esempio più semplice è un angolo perfettamente retto. Ma noi non abbiamo in realtà idea di come potrebbe apparire una tecnologia antica di milioni di anni.”
Il concetto infatti è proprio questo: se mai davvero qualche forma di civiltà non terrestre ha perlustrato il nostro satellite, lo deve aver fatto molto, molto tempo fa, forse persino miliardi di anni fa. D’altra parte, il nostro pianeta è relativamente giovane, con i suoi 4,5 miliardi di anni. Ha solo un terzo dell’età dell’Universo- se davvero il Big Bang si è verificato 13,7 miliardi di anni fa. Prima che la Terra si formasse, prima che sulla sua superficie si sviluppasse la vita allo stadio primordiale, altrove potevano già esistere mondi abitati, anche con creature evolute.
Ammettendo che il numero di civiltà extraterrestri tecnologiche si mantenga costante nel tempo, Davies ritiene probabile che il nostro sistema solare sia stato visitato almeno una volta negli ultimi 4 miliardi di anni. Ma anche se così antichi, eventuali resti di un passaggio alieno sulla Luna sarebbero tuttora presenti. “Sulla Terra, le opere dell’uomo vengono sepolte nel giro di secoli. Sulla Luna ci vogliono decine di milioni di anni”, ha spiegato.
La sonda della Nasa “Lunar Reconnaissance Orbiter”
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Ad atterrare sulla superficie della nostra Luna potrebbero essere state- 4 miliardi o 100 milioni di anni fa- delle sonde robotizzate spedite da una civiltà avanzata per esplorare ogni angolo dell’Universo. Insomma, le cosiddette sonde auto replicanti di Von Neumann ( dal nome dello scienziato che le ha ipotizzate per primo) in grado di aggiustarsi, in caso di guasto, e di moltiplicarsi, creando altri propri simili che a loro volta si diffondono nello spazio, all’infinito.
A scegliere come luogo di atterraggio proprio la nostra Luna potrebbero essere state anche sonde diverse. “Non c’è nessun motivo di pensare che solo una civiltà le abbia inviate: ce ne potrebbe essere una grande varietà”, sostiene ad esempio John Gertz, presidente del FIRSST (Foundation for Investing in Reasearch on Seti Science and Technology). Forse, quelle strumentazioni aliene sono rimaste finora silenti, in attesa che una tecnologia- in questo caso, la nostra- si sviluppasse a sufficienza da rendersi conto della loro esistenza. Forse, ora potremmo essere in grado di captarne e decifrarne un eventuale messaggio radio.
Ma saremo anche capaci di vederle? Chissà, magari migliaia di pazienti volontari insieme riusciranno nell’impresa. “Gli astronomi di professione spesso hanno la tendenza a ritenere un segnale inaspettato solo come un’interferenza. Quando si tratta dell’inatteso, l’occhio di un ricercatore dilettante può essere altrettanto efficace, se non addirittura più efficace, rispetto ad un professionista con dei condizionamenti”, afferma Andrew Siemion, astronomo dell’Università della California, a Berkeley.
Le tracce umane lasciate sulla Luna dalle missioni Apollo |
SABRINA PIERAGOSTINI
fonte: extremamente.it
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