E se l’arma finale, quella del giorno del giudizio, esistesse davvero e non fosse solo l’invenzione di qualche scrittore di fantapolitica? A muovere quella che è ben più di un’ipotesi è Wired, con un articolo che raccoglie la testimonianza di Valery Yarynich, ex-colonnello dell’esercito sovietico. E dato che Yarynich ha 72 anni, è chiaro che ha vissuto in toto gli anni della Guerra Fredda
L’arma finale a disposizione dei sovietici, dal nome Perimeter, doveva garantire un pronto contrattacco agli USA nel caso di un loro attacco nucleare. Non importa se questo avesse raso al suolo tutta la Russia, Cremlino compreso: una serie di sensori terrestri avrebbero rilevato un’imponente esplosione e attivato Perimeter.
L’arma, anche conosciuta come Mertvaya Ruka o Dead Hand, è stata costruita 25 anni fa, rimanendo top-secret ai più fino al giorno d’oggi. La caduta del comunismo e della vecchia Russia, però, hanno reso meno segreti i segreti di stato. Fornendo a Yarynich spunti per fargli raccontare, fin dal 1993, in una lunga serie di articoli e libri, tutto ciò che sa di Perimeter. Tuttavia, chiedendo spiegazioni sia all’attuale governo russo, sia alla casa Bianca, il discorso viene puntualmente sviato, mostrando un’innaturale incredulità di fronte alla notizia, quasi non ne avessero mai sentito parlare.
Insomma, Dead Hand è esistita oppure no? Stando all’ex-colonnello, non solo è esistita, ma esiste tutt’ora, e i russi tentano di nascondere meglio che possono il segreto. Non si sa se in questa copertura rientri o meno la morte, avvenuta in circostanze misteriose (“accidentale” caduta per le scale) di un ufficiale sovietico che aveva parlato del progetto agli americani. In questo scenario da spy-story, rimane chiaro un punto: Yarynich ha seguito da vicino il progetto, che stando al suo racconto risale al 1985. Pochi anni prima, una serie di eventi convinsero la Russia che gli Stati Uniti non solo erano dotati di tutto il necessario per sferrare un attacco nucleare, ma erano pure intenzionati a metterlo in atto. E a questa situazione non giovò di sicuro l’annuncio del famoso “scudo spaziale” di Reagan. Così ecco la nascita di Perimeter, che più che un’arma del tutto nuova era un sofisticato sistema missilistico.
La prima fase del suo funzionamento consisteva nell’attivazione, basata su alcune condizioni da verificare. Prima di tutto, il sistema valutava se c’era stato un attacco atomico, sulla base dei rilievi di alcuni sensori. In caso affermativo, Dead Hand verificava che il Comando Generale fosse vivo. In caso affermativo, Perimeter si bloccava, mentre in caso negativo passava il proprio controllo a dei nuclei operativi nascosti in bunker segreti e indistruttibili. Saltando a piè pari la normale procedura burocratico-militare e mettendo nelle mani di chiunque ricevesse il segnale la possibilità di dare inizio al contrattacco. In questo infausto caso, si sarebbero attivati degli appositi missili, nascosti e protetti in enormi silos sotterranei. Una volta lanciati, avrebbero dato ordine, tramite segnali radio a tutte le armi sopravvissute all’attacco nucleare, di colpire gli Stati Uniti. La cosa buffa, si fa per dire, è che gli stessi Stati Uniti progettarono queste tecnologie, ma non ebbero mai l’idea di riunirle in un unico sistema.
Stando a Yarynich, e all’ufficiale spaziale Alexander Zheleznyakow, Perimeter non è stato mai dismesso e la segretezza dell’intero progetto è stata mantenuta non solo per evitare che gli Stati Uniti capissero come disattivare il sistema, ma anche per frenare eventuali “teste calde” che si fossero impossessate del comando sovietico. Perché, stando a Zheleznyakow, il fatto di sapere che esisteva un sistema potente quale Perimeter, in grado di distruggere l’avversario in un solo colpo, avrebbe moderato qualsivoglia proposito d’attacco. La Russia, insomma, avrebbe vinto comunque, quindi non c’era da avere fretta.
Perimeter, dunque, esiste ancora ed è lo stesso Yarynich a promuoverne il suo annuncio pubblico e ufficiale. Perché Dead Hand potrebbe rivelarsi un ottimo deterrente durante situazioni critiche come il conflitto georgiano, che vide contrapporsi Bush e Putin. E se qualcosa andasse storto? Se qualche virus o qualche malfunzionamento portassero all’attivazione del sistema? Yarynich è molto tranquillo, perché sostiene che, comunque, l’ultimo comando dovrà essere dato da un essere umano. Il che, aggiungo io, non è sempre sinonimo di affidabilità…
http://daily.wired.it/news/politica/perimeter-l-arma-finale-della-russia.html
via: associazionelatorre.com
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