E' necessario avere un quadro di riferimento etico per le attività umane nel cosmo? Stiamo andando ad incontrare, oppure abbiamo intenzione di sfruttare?
Nel mese di agosto, nella città texana di Dallas, si è tenuto lo ‘Starship Congress‘, nel quale si sono tenuti una serie di dibattiti incentrati sull’attività umana nello spazio e, in ultima analisi, la progressiva trasformazione della nostra specie in una ‘civiltà interstellare’
Sebbene sembra un argomento della più spinta fantascienza, l’espansione dell’uomo nel cosmo, in un arco di tempo sufficientemente ampio, è percepito dai congressisti come un imperativo evolutivo.
Supponiamo per un momento di aver risolto le grandi sfide tecnologiche che richiede lo sviluppo di navi stellari capaci di raggiungere, almeno i sistemi stellari più vicini, cominciando una nuova era di colonizzazione galattica.
Supponiamo anche che la questione dell’esistenza di altre civiltà intelligenti abbia trovato risposta positiva, scoprendo che le leggi fisiche e chimiche operino allo stesso modo in ogni punto dell’universo, rendendo la biologia ovunque possibile.
Una volta che ci trovassimo faccia a faccia con i nostri vicini extraterrestri, come dovremmo comportarci? Da questa semplice domanda nascono una serie di questioni etiche alle quali i congressisti hanno cercato di dare risposta.
La necessità di un quadro etico di riferimento, rispetto all’esplorazione spaziale, è stata affrontata anche dalla fantascienza. Uno degli esempi più noti è la cosiddetta ‘Prima Direttiva’ di Star Trek, una legge basilare utilizzata nell’universo immaginario della serie per evitare interferenze culturali tra gli esploratori umani e le altre civiltà aliena in via di progresso.
Nella realtà, sarebbe necessario avere un quadro di riferimento etico per le attività umane nel cosmo? La futura esplorazione umana dello spazio potrebbe prendere in prestito l’idea partorita dagli autori di una serie televisiva di fantascienza?
Secondo i ricercatori, la prima domanda da porsi è se ci si trova di fronte ad alieni ‘intelligenti’ (o che almeno sembrano essere senzienti), oppure se si tratta di organismi agli albori della loro evoluzione, come microrganismi unicellulari.
Les Johnson, presidente del Tennessee Valley Interstellar Workshop e vice-direttore del NASA’s Advanced Concepts Office al George C. Marshall Space Flight Center di Huntsville, Alabama, ha delineato alcuni criteri logici per i nostri pronipoti spaziale, nel caso, un giorno, dovessero imbattersi in una qualsiasi vita extraterrestre.
“Il primo criterio dovrebbe essere quello di imparare tutto quello che puoi imparare, prima di assumerti qualsiasi rischio”, spiega Johnson. “Il secondo dovrebbe essere di non entrare in contatto se sembra vivo. E il terzo, quello di evitare di importare campioni dal pianeta esplorato, dato che non si è sicuri al 100% della sua compatibilità con il nostro ecosistema”.
Il terzo criterio è stato attenuato da Jim Benford, presidente della Microwave Sciences Inc., il quale ha sostenuto che non bisogna preoccuparsi eccessivamente del rischio che un microbo alieno possa ‘infettare’ noi o danneggiare la nostra biologia.
Anzi, Benford ritiene che, nel caso si incontri un mondo alieno, sia necessario creare un avamposto destinato a svolgere approfondite indagini scientifiche. Saremmo così diversi dalla biologia aliena, da non correre alcun rischio nell’interazione con la biosfera extraterrestre.
Nella sua replica, Johnson ha ricordato i numerosi guasti causati, in passato, dall’introduzione di specie invasive in ecosistemi vulnerabili, causando danni incalcolabili. In mancanza di predatori o di limitazioni ambientali, l’introduzione di una nuova specie aliena nel nostro ambiente potrebbe prendere il sopravvento sulle specie autoctone, fino a minacciare la nostra sopravvivenza.
A sostengo di Johnson, altri relatori hanno detto che portare nuove specie aliene nel nostro ecosistema, potrebbe non essere una buona idea.
Kelvin Long, cofondatore dell’Institute for Interstellar Studies, Inghilterra, ha ribadito la necessità di creare linee guida in materia di contatto extraterrestre, ma anche sottolineato che queste regole etiche potrebbero essere interpretate in modi differenti, a seconda delle situazioni e del tempo storico nelle quali si applicheranno.
Tuttavia, in questo stadio della nostra evoluzione, la ricerca di pianeti simili alla Terra, per ampliare il nostro spazio vitale, potrebbe essere un’attività molto meno importante per la sopravvivenza della nostra specie. L’interesse sarebbe più di tipo scientifico che di tipo coloniale.
A rincarare la dose è Marc Millis, fondatore della Tau Zero Foundation, il quale crede che il quadro etico di riferimento sarà inevitabilmente interpretato in modi diversi e che sarà altamente probabile che possano esserci degli errori durante le esplorazioni.
A convenire con la necessità di stabilire principi etici solidi è Richard Obousy, presidente e cofondatore Icarus Interstellar. Tuttavia, egli si ritiene un ‘pro-umano’, concetto secondo il quale l’esplorazione spaziale deve avere come obiettivo il meglio per l’uomo e che la presenza di forme di vita indigene non deve limitare lo sfruttamento di eventuale pianeta extrasolare (vedi ‘Avatar’, n.d.N.).
Quindi, secondo Obousy, l’etica è valida finchè non intralcia gli obiettivi umani, una sorta di etica a ‘responsabilità limitata’. Qualche attenzione in più è richiesta solo se la vita extraterrestre è di tipo senziente, con la quale il contatto deve essere intrapreso solo se considerato assolutamente necessario.
Colonizzare o non colonizzare?
Un interessante contributo è giunto da Armen Papazian, economista finanziario e vincitore dell’Alpha Centauri Award. Papazian pensa che la storia e la politica umana abbiano confuso, nel corso del tempo, i concetti di ‘esplorazione’ e ‘colonizzazione’.
“Qui c’è un problema di linguaggio e un problema storico”, ha detto Papazian. “Nel contesto della storia umana, la ‘colonizzazione significa un sacco di cose differenti in tutto il pianeta”.
In definitiva, Papazian si è chiesto quale debba essere la motivazione che spinge l’uomo ad esplorare la galassia: “Stiamo andando ad incontrare, oppure abbiamo intenzione di sfruttare? Stiamo cercando di esportare il nostro modello economico basato sulla scarsità?”. Ai posteri l’ardua sentenza.
fonte: ilnavigatorecurioso.it
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