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Mettere il gatto di Schroedinger in un impulso di luce (Video)

Un ibrido tra luce classica e luce quantistica è stato realizzato da una ricerca italiana, dimostrando per la prima volta un analogo elettromagnetico del gatto di Schroendiger, uno dei paradossi fondamentali della meccanica quantistica. Il risultato apre interessati prospettive non solo per la comprensione di fenomeni fondamentali ma anche per le applicazioni nel campo dell’informazione quantistica di Folco Claudi


Fisica classica e fisica quantistica: due modi di descrivere la realtà molto lontani tra di loro, secondo la visione corrente. Eppure c'è un modo per gettare un ponte tra questi due mondi grazie alla luce, come dimostrato da un gruppo di ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche (INO-CNR) di Firenze e del Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare (LENS) dell’Università di Firenze, in collaborazione con colleghi dell'Università di Seul, in Corea del Sud, e dell'Università del Queensland, in Australia.

Secondo quanto riferito sulle pagine di “Nature Photonics”, Marco Bellini e colleghi, autori dello studio, sono riusciti a realizzare un “ibrido” tra luce classica e luce quantistica, che potrebbe aprire interessanti prospettive non solo per la comprensione di fenomeni fondamentali ma anche per applicazioni nel campo delle comunicazioni e del calcolo quantistico.

“Questo esperimento è la prima realizzazione di un analogo, in campo elettromagnetico, del gatto di Schroedinger, uno dei paradossi fondamentali della meccanica quantistica, introdotto dal grande scienziato Erwin Schroedinger per illustrare alcuni degli aspetti ancora controversi della teoria”, spiega Bellini a “Le Scienze”. “Uno dei principi della meccanica quantistica, infatti, è che i sistemi microscopici possono trovarsi non solo in stati diversi ma anche in sovrapposizioni di tali stati”, specifica l'autore dello studio.

La cosa strana è che mentre per gli oggetti microscopici, singole particelle, atomi o fotoni, questa situazione è stata osservata sperimentalmente, nel caso degli oggetti macroscopici questa sovrapposizione non si vede mai. La situazione ideale del gatto di Schroedinger esemplifica la questione: un gatto è chiuso in una scatola con una fiala di veleno sigillata e con un atomo radioattivo, che ha una probabilità del 50 per cento di decadere, rompendo la fiala e liberando il veleno che ucciderebbe il gatto. Secondo la meccanica quantistica, però, l'atomo potrebbe trovarsi anche in una situazione intermedia, in cui è decaduto o no. Fino a quando la scatola rimane sigillata, dunque, la sovrapposizione di stati quantistici dell'atomo si ripercuote sullo stato dell'intero sistema macroscopico: non è possibile dire se il gatto sia vivo o morto, e quindi si trova anch'esso in uno stato intermedio tra la vita e la morte.

Ci si trova di fronte a una questione fondamentale: a quale livello gli oggetti smettono di comportarsi in modo quantistico e iniziano a comportarsi in modo classico? In cui sono bianchi o neri, vivi o morti?

“Oggetti non macroscopici ma comunque più grandi di una singola particella microscopica sono già stati osservati in uno stato di sovrapposizione: per esempio, è già stato dimostrato che è possibile ottenere un debole impulso laser che ha contemporaneamente due fasi diverse, cioè due segni opposti delle oscillazioni del campo elettromagnetico”, prosegue Bellini. “Quello che noi facciamo in più è introdurre un entanglement tra uno stato microscopico, equivalente dell'atomo radioattivo, e uno stato macroscopico, l'equivalente del gatto e del sistema complessivo racchiuso nella scatola”.

L'entanglement è uno dei fenomeni più peculiari di tutta la meccanica quantistica perché prevede che gli stati quantistici di due particelle opportunamente preparate si “intreccino”, instaurando un'interdipendenza che si mantiene anche quando esse vengono separate e portate a una distanza arbitraria. L'aspetto più interessante dell'entanglement è che se si effettua una misurazione su una delle due particelle, determinando il suo stato quantistico, anche l'altra particella “precipita” in un determinato stato quantistico, legato al primo.

In quest'ultimo studio, Bellini e colleghi hanno utilizzato due fasci luminosi: il primo può contenere o meno un singolo fotone, l'altro è un debole impulso luminoso che può avere una fase o un'altra.

“Questi due fasci sono legati in modo indissolubile e solo quando si va a fare una misura su una parte del sistema la sovrapposizione collassa ed emerge uno dei due stati, sia nel fotone sia nella fase dell’impulso laser”, aggiunge Bellini. “La novità del nostro esperimento è che per la prima volta si è prodotto l'entanglement tra lo stato di una particella fondamentale, il singolo fotone, e quello di un oggetto classico, l’impulso laser, realizzando quindi uno stato “intrecciato” classico-quantistico simile a quello descritto da Schroedinger, anche se ancora in una scala dimensionale abbastanza piccola”.

Queste sovrapposizioni di stati luminosi sono alla base delle tecnologie di codifica dei qubit, i bit d'informazione quantistica, che rappresentano l'architettura fondamentale dei futuri computer e reti di comunicazione che sfrutteranno fenomeni quantistici per garantirci prestazioni e sicurezza incomparabilmente superiori a quelli attuali.

“Le prime realizzazioni nel campo dell'elaborazione quantistica dell'informazione si basano essenzialmente su due tipi di codifica: da una parte si usano singoli fotoni, che possono avere un numero discreto e finito di possibili stati distinti, come uno stato di polarizzazione o quello ortogonale; dall’altra esistono protocolli basati su sovrapposizioni di deboli impulsi laser e su un insieme continuo di loro proprietà, come varie ampiezze e fasi”, conclude Bellini. “I nostri risultati permettono di gettare un ponte tra questi due tipi di codifica e consentiranno di interfacciarli più facilmente, rendendo quindi più vicina la realizzazione pratica di un sistema completo di elaborazione e comunicazione quantistica”.

fonte: lescienze.it



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