È l'ipotesi della procura di Roma sul mai risolto caso del geniale fisico catanese scomparso misteriosamente nel 1938. Per gli inquirenti viveva volontariamente nella città venezuelana di Valencia
È considerato un cold case, un mistero che ha attraversato due secoli e che da oggi potrebbe avere una soluzione almeno parziale. Ettore Majorana, il geniale fisico catanese cresciuto in via Panisperna e che alcuni esperti collocano tra Newton ed Einstein, scomparso misteriosamente nel 1938, era vivo, nel periodo 1955-1959, e si trovava, volontariamente nella città venezuelana di Valencia. Questa l’ipotesi della procura di Roma che sta indagando sulla scomparsa dello scienziato.
L’indagine sulla “volatilizzazione” dello scienziato era stata riaperta nel 2011, quando i carabinieri I carabinieri del nucleo investigativo avevano sentito il testimone che in un’intervista televisiva aveva detto di aver visto Majorana a Buenos Aires alla fine della seconda guerra mondiale.
Lo scienziato sparì in occasione di un viaggio in piroscafo da Palermo a Napoli. Del caso Majorana si era parlato anche in occasione di una puntata di ”Chi l’ha visto”. In particolare, fu intervistato un italiano, emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta, il quale espresse il convincimento di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità. Quindi, nel giugno del 2011, la procura di Roma aveva deciso di riaprire il fascicolo sulla sua misteriosa sparizione, avvenuta il 25 marzo del ’38, all’età di 32 anni, dopo essersi imbarcato. A convincere i magistrati anche una foto scattata in Venezuela nel ’55, che dalle analisi effettuate dai carabinieri del Ris di Roma era risultata compatibile, in almeno dieci punti, con i tratti somatici del fisico catanese. Inoltre, l’uomo ritratto avrebbe avuto una forte somiglianza con il padre di Majorana, Fabio Massimo.
La vicenda comincia il 15 febbraio 2008, quando un uomo chiama la trasmissione di Raitre ”Chi l’ha visto”, sostenendo di aver frequentato un signore che si faceva chiamare Bini ma che in realtà era Ettore Majorana, come gli era stato detto dall’amico che glielo aveva fatto conoscere e che lo aveva incontrato anni prima in Argentina. Riluttante a farsi fotografare, lo scienziato era stato costretto a posare per uno scatto ”quasi sotto ricatto”, dice l’autore della foto, ”visto che mi aveva chiesto in prestito 150 bolivar”. Mentre scienza, cinema e letteratura s’interrogavano sul mistero di Majorana, propendendo come tesi prevalenti il suicidio o la scelta della vita conventuale, l’uomo spedì la foto in Italia alla famiglia che anni dopo l’ha ritrovata e consegnata alla procura di Roma.
Dopo aver accertato che Ettore Majorana era vivo tra il 1955 e il 1959, per la procura di Roma è stato impossibile stabilire che fine abbia fatto poi il fisico italiano. Il procuratore aggiunto Laviani sottolinea “l’inerzia degli organi diplomatici venezuelani” in merito alla richiesta di notizie circa “il possesso di una patente di guida o di titoli di proprietà di un’auto” da parte di Majorana e, in ogni caso, sottolinea che la testimonianza di Francesco Fasani, morto recentemente, appare fondata anche perché “pur privo di conoscenze di natura psichiatrica” fornisce “anche sotto il profilo caratteriale e comportamentale una ulteriore prova della identità tra il Bini ed Ettore Majorana”.
“Tanto premesso è da ritenersi che sono stati acquisiti elementi per poter escludere la sussistenza di condotte delittuose o autolesive contro la vita o contro la libertà di determinazione e movimento di Ettore Majorana, dovendosi concludere che il predetto si sia trasferito volontariamente all’estero permanendo in Venezuela almeno nel periodo tra il ’55 e il ’59” si legge nel decreto di archiviazione della procura. Le analisi e le comparazioni svolte dal Ris dei carabinieri tra una fotografia del ‘Bini-Majorana’ e quella di alcuni parenti e dello stesso padre dello scienziato Fabio “hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei singoli particolari anatomici tra cui naso, mento e orecchie”. “Appare dunque evidente – si legge nel decreto di archiviazione – che la testimonianza del Fasani, a quel tempo era un giovane meccanico autista, certamente privo di conoscenze di natura psichiatrica fornisce anche sotto il profilo caratteriale comportamentale una ulteriore prova dell’identità tra Bini ed Ettore Majorana, a sostegno e completamento del materiale d’indagine esaminato”.
fonte: ilfattoquotidiano.it
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